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Tira le pietre. Venti di guerra.

Vi racconto la storia di una anziana signora slovena di Capodistria che ho conosciuto personalmente. È una donna che ha vissuto la gu...

Vi racconto la storia di una anziana signora slovena di Capodistria che ho conosciuto personalmente. È una donna che ha vissuto la guerra. Ha oltre 80 anni, e li porta alla devo dire ancora molto bene. Ha gambe forti e robuste, che da ragazza le hanno salvato la vita. Perché ha dovuto camminare per chilometri scalza nella neve, per scappare dai Fascisti italiani (e questo mi addolora) che le hanno ucciso la madre. Le stesse gambe forti le sono state utili per portare cibo ai partigiani, nelle colline e in montagna, con il rischio di essere scoperta e rimetterci la vita.

Ma ha qualcosa di più forte delle gambe, i suoi pensieri. Ancora lucidi, semplici, e chiari, con i quali ha risposto così alla sua nipote, nipote che dovrebbe essere nel pieno della sua forza e giovinezza. Le ha detto più o meno queste parole:

"se quelli che stanno al governo non fanno né il volere né il bene del popolo, se non hai modo di difenderti diversamente, tiragli delle pietre.

La nipote alche ha chiesto,

"..e se in mezzo c'è la polizia?"

E lei ha risposto

"Se la polizia difende la gente sbagliata, tira pietre anche a loro."

Poi, una cosa che mi ha turbato è che ha raccontato ancora, che i vecchi, quelli che hanno vissuto il clima prima della guerra, cioè che aria tirava, stanno dicendo che, sta tirando di nuovo aria di guerra.

Mi sono venuti i brividi, perché la nostra generazione non ha memoria di questo. Ed adesso capisco perché l'uomo torna a fare gli stessi sbagli in modo ciclico, ogni generazione, o ogni tot generazioni. Perché quando non ha la memoria diretta, o perdere la memoria storica, raccontata direttamente dalla voce dei più vecchi, avendo modo di guardare le emozioni sulla loro pelle e nei loro occhi, e sentirle mentre raccontano della guerra. Quando gli uomini e le donne non hanno più consapevolezza emozionale della catastrofe, rischiano di scivolarci dentro di nuovo nel vortice della violenza.

Anni fa mi domandavo perché? E con gli anni ho provato a darmi almeno una risposta, perché come ci insegna Friedrich Nietzsche in Filosofare con il martello:

"Ricondurre qualcosa di sconosciuto a qualcosa di conosciuto solleva, tranquillizza, appaga, e dà anche un senso di potenza. Con l'ignoto si ha anche il pericolo, l'inquietudine, la preoccupazione, il primo istinto è di abolire queste spiacevoli situazioni. Primo principio: una spiegazione qualsiasi è meglio che nessuna spiegazione. Poiché fondamentalmente si tratta solo di una volontà di liberarsi di idee opprimenti, non si guarda molto per il sottile quanto ai mezzi per liberarsene: la prima idea con cui ci si spiega l'ignoto come conosciuto fa tanto bene che la si «crede vera». [...] L'istinto delle cause è dunque determinato e risvegliato dal sentimento della paura."

La risposta che mi posi in sintesi è: siamo mostri?

Non siamo solo mostri di bravura, nello studio, nella tecnica, e nelle arti. Siamo anche mostri di violenza, mangiamo i nostri simili, animali che hanno appena l'1% di diversità genetica. Che hanno tutti i nostri stessi organi, occhi, bocca, orecchie, naso, lingua, cuore, polmoni, fegato, intestino, reni, muscoli, vene, nervi (che portano la sensazione di dolore) e cervello dove questo dolore viene sentito. Li segreghiamo dentro campi di sterminio che chiamiamo industrie o fattorie, e li facciamo a pezzi, pezzi che poi mangiamo.

Nei paesi industrializzati la parte più cruenta di tutto questo è vissuta da una piccolissima minoranza della popolazione. Il resto vede la violenza, la morte, la parte del mostro che è in noi, in modo spettacolarizzato, nei film al cinema e in TV. Violenza anestetizzata. Che ci attrae come falene verso la luce.

Il mostro dorme sopito dentro di noi. Perché gli aiutanti di Hitler erano persone comuni, anche insegnanti, o medici, e suore, che uccisero bambini di loro spontanea volontà, senza essere pressati da ordini, senza avere una pistola puntata dietro. Di questo ad esempio ci riporta memoria storica Paolini nel seguente video.

 

Non era Hitler a premere il grilletto, a dare il veleno, così come in ogni singola guerra non erano Stalin, Lenin, Bush (guerra preventiva), o Obama (missione di pace, o polizia internazionale), ma altri uomini, di ogni parte del mondo, di ogni Stato che uccidono.

Molti uomini e donne che hanno ucciso durante la guerra, poi a casa sono ottimi padri e madri di famiglia. Come posso spiegarmi questo cortocircuito? La mia spiegazione è che il mostro è dentro di noi. (In Ausmerzen "Vite indegne di essere vissute" Paolini ce lo ricorda perché dobbiamo avere memoria storica.)

Se non sappiamo di averlo, se i vecchi non ci raccontano di lui, e come far emergere la parte buona di noi, l'amore, la tolleranza, la fratellanza, la pazienza, la comprensione, siamo come bambini stupidi e capricciosi senza memoria. Quando ci dimentichiamo che tutte queste Virtù non sono fini a se stesse, non servono per compiacerci o farci belli, ma servono per salvarci la vita, e salvarla ai nostri simili.

Quando ce ne dimentichiamo il mostro, la parte violente di noi, ci trascina in guerra. E con la guerra, come per la mano sul fuoco che si brucia di un bambino incauto, possiamo a caro prezzo rieducarci come genere umano.

E in questo caso se non sopravviveremo, saremo stati di esempio, l'esempio da non seguire.

 

Approfondimenti:

Intervista a Charles Patterson  sull'Olocausto Animale

    Lettura consigliata: Charles Patterson, “Un’eterna Treblika”, Il massacro degli animali e l’Olocausto.

      [...] Un’eterna Treblinka analizza, sulla base di un’ampia documentazione, la radice comune dello sfruttamento umano e animale, attraverso lo studio delle incredibili ma innegabili somiglianze tra il modo in cui i nazisti trattavano le loro vittime e il modo in cui, nella società attuale, noi trattiamo gli animali. [...]


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